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Spacciatori

Ott 7, 2022 | Commenti

Capita spesso di accedere ad una informazione ( riportata sui quotidiani, o in televisione, o in radio, o diffusa dai media on line, etc. ), relativa all’arresto di qualcuno, perché ritenuto colpevole di spaccio di stupefacenti.

E capita, quasi sempre, che chi dia la notizia, la corredi con alcune informazioni, ritenute evidentemente utili a consentire, a chi legga, o ascolti, un più ampio quadro di valutazione della situazione raccontata.

In realtà, questa tipologia di racconto, non è mai neutrale.

Il primo dato, interessante, per comprendere cosa si stia leggendo, riguarda il modo con il quale è qualificata la persona.

La persona può essere definita “spacciatore”, o “presunto spacciatore”.

Definire una persona come “spacciatore di sostanze stupefacenti”, significa aver già emesso un giudizio.

Potremmo essere in presenza di una persona colta in flagrante reato, ma, persino in questo caso, e nonostante la repulsione che possiamo provare per questo tipo di reato, quella persona, sin quando non abbia subito una condanna, passata in giudicato, ha diritto ad essere definita “presunto spacciatore”.

E perché, ne ha diritto ?

Perché è fondamentale che vi sia una divisione tra chi ha il compito di tutelare l’ordine pubblico, e cioè le Forze dell’Ordine, e chi debba invece giudicare se un reato sia stato, o meno commesso: per evitare abusi di potere, ad esempio.

Sarebbe “normale”, che chi esegua un arresto, immediatamente possa comminare una condanna ?

Nel nostro esempio, potremmo trovarci di fronte ad una persona costretta a spacciare, attraverso minacce alla propria famiglia, tanto per immaginare una ipotesi.

Ci sentiremmo sicuri, in uno Stato in cui sia possibile arrestare qualcuno e, contemporaneamente, condannarlo ? Magari anche una condanna a morte, se vivessimo in uno Stato in cui la legge consenta di condannare qualcuno a morte.

Ci sentiremmo sicuri, in uno Stato, così ?

Una persona ha diritto ad essere definito “presunto colpevole”, fin quando un Tribunale non lo abbia condannato. E’ un diritto di libertà, che riguarda tutti noi, anche quando lo si applichi ad uno schifoso delinquente.

Ma anche leggere, o ascoltare una notizia, che definisca una persona colpevole, prima che lo abbia deciso un Tribunale, significa che chi abbia dato quella notizia si è autoproclamato giudice. E questo consente, in realtà, di capire subito, con quale specie di “giornalista”, si abbia a che fare: un giornalista approssimativo, quanto meno, se non tendenzioso ed in malafede. .

Il secondo dato interessante è che, talvolta, ma non sempre, nel racconto dell’arresto di un presunto spacciatore, si faccia riferimento alla sua nazionalità, o alla sua etnia.

Con sufficiente approssimazione alla realtà, potremmo immaginare che quando non si faccia menzione della nazionalità dell’arrestato, quasi certamente, egli, o ella, sia italiano, o italiana. Anche se questa è solo una deduzione, non necessariamente esatta.

Mentre invece, possiamo essere certi che quando si faccia menzione della nazionalità non italiana, o della etnia del presunto spacciatore, lo si sottolinei, quasi sempre, non per fornire un dato di cronaca, magari importante, ma per evidenziare una “familiarità” di quella nazionalità, o di quella etnia, con la pratica, ed il reato, dello spaccio di stupefacenti.

Se così non fosse, perché non informare anche , quando l’arrestato sia italiano, se egli, o ella abbia origine milanese, o valdostana, o lucana ?

Perchè l’origine del presunto spacciatore italiano, sarebbe irrilevante, quasi sempre, dinanzi alla gravità del reato di cui lo si accusa.

Perchè allora, non è altrettanto irrilevante l’origine del presunto spacciatore, quando questi sia un cittadino straniero ?

Perchè la proclamata origine straniera del presunto spacciatore sottolinea, implicitamente e strumentalmente una presunta estraneità italiana da quel tipo di reato, che non ci sarebbe, se non ci fosse lo straniero sul suolo italiano; perché l’origine straniera del presunto spacciatore, consente in realtà, di presumere che se lo straniero non fosse in Italia, non vi sarebbe il reato di spaccio di stupefacenti, in Italia; perché così, reiterando ogni volta lo stesso schema “informativo”, si stabilisce una corrispondenza, anzi, meglio una equivalenza: lo straniero è uno che spaccia stupefacenti. Si costruisce una diffidenza di fondo, nei confronti dell’altro.

Imbatterci in una notizia, in cui l’arrestato per presunto spaccio di stupefacenti è sottolineato sia un cittadino straniero, significa quindi che chi fornisce quella notizia, con ogni probabilità, ha interesse ad evidenziare un dato tutto sommato irrilevante relativamente alla gravità del reato denunciato, per ragioni diverse dalla completezza d’informazione.

E le ragioni hanno a che fare con l’interesse ad alimentare paura, xenofobia e razzismo.

Il terzo dato interessante è che, accade, che il presunto spacciatore, soprattutto se italiano, sia qualificato in altri modi. Anche la scelta, di quale informazione aggiuntiva fornire sulla persona, non è neutrale.

Per esempio, si sottolinea che egli percepisca, o abbia percepito il “reddito di cittadinanza”.

L’effetto ricercato, anche in questo caso, è quello di costruire nei pensieri di chi sia il destinatario dell’informazione, una generalizzazione immediata di connotazione negativa, nell’associazione tra le due qualificazioni della persona di cui si parla: percettore di una misura assistenziale e, contemporaneamente, e/o magari esattamente per questo, spacciatore.

Si suggerisce, implicitamente, che chi percepisca il reddito di cittadinanza, non solo si fa assistere, parassitariamente, dalla comunità, ma, lungi dall’assumere un comportamento che sottolinei gratitudine perché noi tutti gli consentiamo di pagarsi da mangiare, e da bere, addirittura, data la certezza di avere già un reddito che non lo obblighi a cercarsi lavoro per vivere, come tutti gli altri, si permette di spacciare stupefacenti, con l’obiettivo di arricchirsi illecitamente, minando la convivenza civile, attentando alla salute dei nostri figli, e ingrassando la criminalità organizzata che gli fornisce la droga.

Se venisse sottolineato che l’arrestato ha conseguito, dopo regolare esame, la patente di guida, dovremmo forse pensare che tutti i guidatori di automobile si paghino il carburante per la propria auto spacciando sostanze stupefacenti davanti ai cancelli delle scuole ?

Immaginiamo di essere di fronte ad una notizia che ci illustri la vicenda di un cittadino straniero, di origine africana, percettore di “reddito di cittadinanza”, e che sia quasi certamente uno spacciatore di stupefacenti perché colto sul fatto dalle Forze dell’Ordine.

Di fronte ad una notizia del genere, diciamo un concentrato mirabile di stereotipi, ci sarebbe spazio, per operare dei distinguo ? O non si imporrebbe invece, e senza freni, un meccanismo di generalizzazione che non riguardi solo il giudizio sull’episodio, ma, addirittura, il modo in cui funzionano i nostri processi cognitivi ?

Si stabilirebbe una forma, automatizzata e preventiva, di conoscenza e giudizio, anche di valore morale, potenzialmente estensibile a tutti i cittadini stranieri e a tutti i percettori di reddito di cittadinanza.

O, forse, è proprio questo, che si vuole ?

La responsabilità penale è personale. E prescinde da ogni dato aggiuntivo. E non consente di estendere a persone simili, per caratteristiche di vario genere, l’eventuale responsabilità d’aver commesso un reato.

E’ un gioco, questo, che ci si può ritorcere contro, in qualsiasi momento, ed in qualsiasi luogo.

Capita tranquillamente, d’essere in Germania, in un mercato ortofrutticolo di un lontano paesino, e di voler comprare delle giuggiole, e, non appena il contadino tedesco abbia capito che siete italiani, vi apostrofi sorridendo: “ Ah… italianen… mafiosi ! “

La manipolazione dell’informazione è un’arma potentissima che costruisce le opinioni delle persone e orienta le coscienze.

Prestare attenzione ad una informazione, corretta, ma non edulcorata, è un presidio fondamentale per la Democrazia e per la Libertà di ciascuno.

E, anche se i buoi, sono scappati dalla stalla da un sacco di tempo, senza che nessuno abbia voluto dare il dovuto allarme, non è un buon motivo per chinare la testa, o sopportare il disgusto per certa stampa il cui unico obiettivo resta fomentare il pregiudizio e l’odio.

Vediamo cosa accadrà, alla prossima retata aquilana.

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