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I voucher sono una cambiale sul futuro

Nov 25, 2022 | Commenti

La definizione di “voucher”, fornita da Wikipedia, richiama a “ documenti emessi da agenzie di viaggio ai propri clienti, come conferma del diritto a godere, nel loro viaggio, di specifici servizi in essi indicati e già pagati in precedenza all’agenzia stessa “.

Il voucher, quindi, è una sorta di titolo ad usufruire di qualcosa.

Secondo la Legge italiana oggi, il voucher è un modo attraverso il quale retribuire una prestazione occasionale di lavoro. Una prestazione cioè non tipica di un determinato luogo di lavoro, o imprevedibile, quanto alla sua necessità, in quel luogo di lavoro. Un qualsiasi Lavoratore, secondo la Legge, anche se abbia a che fare con diversi utilizzatori delle sue prestazioni occasionali, non può cumulare un reddito annuo superiore ai 5000 euro, tramite questa modalità di lavoro ( di questi 5000, da un singolo utilizzatore del lavoro prestato, non si possono percepire più di 2500 euro in un anno ).

Un singolo datore di lavoro, secondo la Legge, può usufruire di lavoro prestato sotto forma di voucher, solo se abbia un massimo di 5 persone alle sue dipendenze, e solo se spenda complessivamente, in un anno, massimo 5000 euro per far lavorare attraverso voucher.

Un voucher, dice la Legge, equivale ad una prestazione lavorativa di un’ora, e costa al datore di lavoro, 10 euro: di questi, 7,50 vanno al Lavoratore, e con i restanti 2,50 viene pagata una contribuzione che finanzia vari impieghi di carattere previdenziale.

Dei 2,50 euro, un euro e trenta sono versati nelle casse dell’INPS, in una particolare Gestione, che si chiama “ Gestione Separata”. Questa contribuzione non dà diritto a prestazioni di sostegno al reddito in caso di malattia, o maternità, e non dà diritto, quando sia cessato il rapporto di lavoro, a percepire una indennità di disoccupazione.

Inoltre, per fare un esempio pratico, se una persona lavori 10 mesi in un anno, percependo 500 euro al mese in voucher, verserebbe in proprio favore per la propria pensione, circa 65 euro in un mese, che non è neanche il minimale mensile ( quello che dovrebbe essere versato per aver diritto ad un mese di contribuzione utile ), previsto per la specifica cassa previdenziale della Gestione Separata.

Ognuno può immaginare a quale trattamento pensionistico darebbe origine una simile contribuzione, considerato anche che, ad oggi, i contributi versati nella cosiddetta “Gestione Separata”, non possono essere uniti con quelli versati nella gestione ordinaria da Lavoratori dipendenti, ad esempio.

Il Governo, nella Legge Finanziaria appena presentata e che andrà in discussione al Parlamento nei prossimi giorni, per essere approvata entro il prossimo 31 dicembre, propone alcune modifiche alla attuale disciplina che regola le prestazioni occasionali di lavoro.

Innanzitutto, stabilisce che un singolo utilizzatore, una impresa cioè, possa utilizzarne anche quando abbia più di 5 dipendenti, e fino a 10, ed inoltre, si prevede che una singola impresa possa spendere in voucher in un anno, non più un massimo di 5000 euro, bensì di 10000.

Ma, soprattutto, il Governo allarga la possibilità di utilizzare i voucher per il lavoro agricolo.

La Legge prevedeva che in agricoltura i voucher potessero essere utilizzati solo per alcune tipologie di Lavoratori, che, per le loro caratteristiche, garantissero i caratteri di occasionalità del lavoro svolto ( pensionati, giovani, disoccupati generici ); mentre invece ora il testo proposto dal Governo, prevede che il lavoro occasionale in agricoltura possa essere prestato anche da lavoratori che, abitualmente, svolgano il lavoro di operai agricoli. Il che significa, implicitamente, che diventerà molto più difficile chiarire il carattere di occasionalità di un lavoro prestato da chi, già normalmente, sia impiegato in agricoltura. 

Perchè l’impiego di un Lavoratore, tramite voucher, sia corretto da un punto di vista legislativo, il datore di lavoro deve comunicarne l’attivazione anche solo un’ora prima, tramite una piattaforma informatica messa a disposizione dall’INPS.

Credo sia intuibile per chiunque come, persino in caso di controlli, data la “occasionalità” della necessità, una tale norma si presti a molteplici possibilità di elusione e di giustificazione in caso di mancato adempimento tempestivo.

L’uso dei voucher, in Italia ha conosciuto negli anni scorsi una stagione “d’oro”, tale da caratterizzare quasi ogni forma di impiego temporaneo, soprattutto quando il cosiddetto “jobs act” aveva portato il limite di reddito per singolo lavoratore a 7000 euro annui da lavoro retribuito attraverso questo strumento, e quando aveva consentito di permetterne l’uso ad imprese di ogni dimensione. Fu per evitare un Referendum abrogativo di queste norme, promosso dalla CGIL, che il Parlamento riformò l’istituto dei voucher, conducendolo alle sue attuali forme.

Allargare la possibilità di uso dei voucher, significa offrire al datore di lavoro la possibilità di usufruire di lavoro, al più basso prezzo possibile. Combinare l’abolizione del Reddito di Cittadinanza con l’allargamento dell’uso dei voucher, soprattutto in agricoltura, significa, nei fatti, offrire ai datori di lavoro una enorme possibilità di usufruire di manodopera a basso costo, potenzialmente ricattabile ed indicare per il futuro, la strada di un ulteriore allargamento di questo sistema, tanto da prefigurare un ritorno al passato, o peggio.

Se il Governo pensi di aiutare, per questa via, le piccole imprese italiane a reggere il peso della competizione, anche internazionale, in realtà compie una operazione esattamente opposta, poiché una impresa che possa usufruire di lavoro a basso costo, non ha alcun interesse e motivazione a percorrere la strada dell’innovazione e della qualità. E,  per quanto poco possa pagare i Lavoratori che impiega, si scontrerà invece sempre di più con soggetti che gli toglieranno quote di mercato, proprio grazie alla loro forza di innovazione.

Il Governo, in realtà, per questa via, amplia ulteriormente una fascia di mercato del lavoro che, strutturalmente, si regge solo sullo sfruttamento delle persone. Tutti sanno che nei bar, nei ristoranti, nelle piccole e piccolissime imprese agricole, nei negozi, nei servizi a basso valore aggiunto, nei trasporti marginali, nelle piccole e piccolissime imprese anche artigiane di ogni settore, nella “moderna” economia di quelli che trasportano cibo, o merci provenienti dal commercio on line, nelle piccole e piccolissime imprese del turismo, negli studi professionali, ed in miriadi di altri luoghi che frequentiamo abitualmente – e i cui datori di lavoro sanno che il controllo da parte di Ispettori del Lavoro, o Forze dell’Ordine è una eventualità rara come vincere un terno al Lotto – l’area dell’elusione e dell’evasione contributiva, retributiva e dalle Leggi, comprese quelle della Sicurezza nei luoghi di lavoro, è amplissima. E che costituisca uno strumento di concorrenza sleale tra imprese, non scandalizza nessuno; di certo non scandalizza nessuna delle associazioni di impresa, da Confindustria a Confcommercio, a Confagricoltura, nessuna delle quali brilla per la sua lotta al lavoro nero e al lavoro irregolare.

E tutti sanno che lo strumento dei voucher non erode la quota di lavoro nero o grigio, bensì sostituisce alcune forme contrattuali già di per sé stesse precarie e sottopagate, peggiorandone ulteriormente le condizioni.

E’ interessante che una simile manovra provenga da un Governo che dice di voler favorire la natalità, ad esempio.

Perchè sarebbe interessante provare spiegare come un giovane, o una giovane, retribuiti in voucher, a 7,50 euro l’ora, a prescindere dal loro titolo di studio e dalle loro precedenti esperienze lavorative o formative, possano presentarsi in banca a chiedere un mutuo per l’acquisto di una casa, o possano pensare di pagare il cibo per uno, o più figli.

Ed è interessante, provare ad immaginare la vita, e la vecchiaia, di una persona che non riesca a trovare null’altro che lavoro occasionale, per il quale venga versata una contribuzione annuale massima di circa 650 euro.

Ed è interessante pensare che sia possibile difendere le produzioni agricole italiane, a partire da quelle di pregio, solo allargando l’area del lavoro sottopagato, e non invece sostenendone la distribuzione, ad esempio, visto che oggi la maggior quota di guadagno su un un singolo prodotto agricolo, non va al contadino, e non va tanto meno al suo bracciante, bensì remunera gli intermediari, spesso legati alla criminalità, e le aziende della grande distribuzione che strozzano i produttori e/o li costringono ad adottare tecniche di coltivazione che consumano acqua, inquinano con fertilizzanti ed insetticidi,  e distruggono i terreni e la biodiversità.

Ancora una volta,  per un Governo, e bisogna dire, per qualsiasi Governo, il terreno più semplice  di intervento sulle difficoltà del sistema produttivo del Paese, non è pensare e ripensare alle politiche Industriali, a rafforzare la Ricerca, al sostegno ai settori innovativi e a quelli che consentano di risparmiare energia, acqua e ambiente, alla modernizzazione dei sistemi distributivi, logistici e di trasporto, nell’ottica di una loro sostenibilità ambientale ed urbana, ma destrutturare ulteriormente il Mercato del Lavoro, precarizzandolo ancor di più, offendendo i giovani e chi cerca occasioni di lavoro degne e capaci di fargli immaginare un futuro per sé e per la sua famiglia; scaricare sui più deboli le inefficienze del sistema, cui si consente di sopravvivere senza cambiare, per un altro po’ di tempo.

Sarà però anche interessante, vedere contro questa specifica normativa quale mobilitazione sarà costruita nel Paese, e quanto, coloro che oggi si sentano più o meno garantiti saranno disponibili a lottare per loro stessi e per i loro figli, e per i loro colleghi di lavoro più sfruttati.

Perché anche da questo, dipende la possibilità di costruire, nella società, prima che nelle aule del Parlamento, una idea diversa di convivenza e di politica, da quella di chi spiega che il lavoro, truccato da occasione, vale solo 7,50 euro l’ora.

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