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I migranti li nascondiamo in Albania. Lontano dagli occhi, lontano dal voto.

Nov 8, 2023 | Istantanee

Pare sia stato sottoscritto un Accordo, relativo al trattamento di alcuni migranti, tra il Governo italiano e il Consiglio dei Ministri albanese.

Sono un ignorante ( quasi ), in tema di diritto internazionale, però, il primo elemento che mi sembra assolutamente singolare leggendo il testo dell’Accordo così come diffuso dal quotidiano “Il Sole 24 Ore”, è che si tratti di un Protocollo tra due governi, e non tra due Stati.

Per come è titolato l’Accordo, sembra esservi una sorta di “disattenzione linguistica”, forse, estremamente significativa. L’Accordo cioè, pare essere, ad una sua lettura complessiva, una intesa tra due governi, con le caratteristiche di un contratto stipulato tra soggetti privati, ed in nessun caso specifica che le parti contraenti stanno decidendo qualcosa “in nome dello Stato italiano”, e neanche in nome di quello albanese, invero.

Da un punto di vista meramente pratico, l’Intesa si sostanzia nella cessione, gratuita, che il governo albanese fa al governo italiano, di alcune sue aree demaniali ( cioè di proprietà pubblica ), per un periodo di cinque anni, prorogabile a dieci, con lo scopo di edificare lì delle “strutture”, non meglio identificate, destinate ad accogliere cittadini di paesi terzi, o apolidi, che siano in attesa di veder definito il loro status: se cioè possano essere dichiarati “migranti legittimi”, o “migranti illegittimi”, e, in quest’ultimo caso, il governo italiano provvederà sia ad evitare che queste persone possano liberamente circolare in Albania, che a rimpatriarle.

Ogni spesa, inerente questo Accordo, è a carico della “parte italiana”.

Immediatamente, quindi possiamo rilevare come, persino su un piano lessicale, ci siano due evidenze: da una parte una identificazione, del tutto indebita ed inaccettabile, in verità, tra Governo e Stato; dall’altra, la struttura totalmente privatistica dell’Intesa raggiunta. Non è dato sapere infatti, se questa Intesa sarà, o meno, sottoposta all’approvazione del Parlamento e, successivamente, alla firma del Presidente della Repubblica.

Le parti, dichiarano d’essere consapevoli, delle problematiche derivanti da “migrazione illecita”, a partire dai rischi di terrorismo e di tratta degli esseri umani, e, per garantire “la tutela dei diritti dell’uomo”, convengono che la parte italiana può, in Albania, edificare delle strutture che devono accogliere un numero massimo di 3000 migranti, “al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea e per il tempo strettamente necessario alle stesse”.

Tali strutture “d’accoglienza”, saranno gestite, all’interno, da personale italiano, armato ( per l’ingresso di armi sul suolo albanese, il governo albanese concede una sostanziale e totale libertà a quello italiano ); e pagato da risorse di parte italiana ( anche per quanto riguardi il personale albanese impegnato all’interno della struttura, o all’esterno di essa per evitare che qualcuno possa, da quelle strutture, illegittimamente uscire ); risorse per le quali il governo albanese concede la deroga ad ogni sua normativa relativa all’ingresso di valuta straniera sul proprio territorio.

Poichè possono crearsi dei contenziosi legali, in ordine alla sussistenza o meno del diritto del migrante ad entrare in Italia e a soggiornarvi, è previsto che il migrante resti all’interno di queste strutture per tutto il tempo in cui la Giustizia italiana provvederà a decidere ( il che fa supporre che i relativi processi, sostanzialmente inerenti il diritto all’Asilo, avranno una durata assolutamente breve, in apertissimo contrasto con quello che succede oggi con migliaia di persone che, da anni, aspettano una risposta definitiva sul loro diritto a ricevere Asilo dal nostro Paese ).

Di fatto, il governo albanese autorizza il governo italiano a provvedere al trasporto delle persone, all’interno di acque territoriali albanesi, e su suolo albanese, attraverso le modalità che la parte italiana riterrà più opportuna, e sempre utilizzando risorse di parte italiana.

Diciamo che, a grandi linee, per evitare discussioni in Italia, sulla localizzazione di strutture detentive destinate a migranti dei quali si debba decidere lo status, il governo italiano realizza quello che alcuni suoi esponenti di maggioranza avevano sollecitato ( la costruzione di isole artificiali, ad esempio, come sostenuto da una autorevole esponente di Forza Italia ), e che ha anche il pregio di trovarsi su territorio straniero, sufficientemente lontano da orecchie ed occhi indiscreti.

Tutto il testo dell’Intesa, fa riferimento a normative di diritto internazionale di tutela dei diritti umani e dei migranti in particolare ( senza mai specificarne alcuna, o quasi ), col presupposto quindi che, vista l’azione che s’intende porre in essere ( a chi saranno affidati, e come gli appalti per la costruzione di queste strutture ? ), si presuppone che il migrante sia di per sé, illegittimo, e ad egli spetti provare il contrario.

L’umano che si muove, prima di tutto, va detenuto, e poi si decide cosa farne.

Peraltro, il numero di persone che dovrebbe essere “accolto” in queste strutture, appare assolutamente esiguo, rispetto ai volumi di persone in ingresso in Italia, anche solo nell’ultimo anno ( 145.883, secondo i dati del Ministero dell’Interno, aggiornati all’8/11/2023 ), tanto da far pensare che si tratti di una iniziativa di puro carattere propagandistico, e non certo tesa a risolvere problemi che pure esistono ed andrebbero affrontati, con altra e alta visione e lungimiranza.

Di fronte cioè all’evidente fallimento delle grida manzoniane, lanciate sia in campagna elettorale, che in tutto questo primo anno di governo, e alla constatazione che non vi è alcuno strumento posto in essere che abbia dato i frutti sperati dalla Maggioranza del Parlamento – i numeri degli arrivi sono sostanzialmente raddoppiati, rispetto all’anno precedente e addirittura triplicati rispetto al 2021, anno in cui il Presidente del Consiglio strillava all’invasione degli africani, un giorno sì, e l’altro pure – si prova solo a spostare l’attenzione altrove.

Allora si sceglie una modalità fortemente simbolica, quella della “deportazione” in un Paese straniero, per segnalare una propria qualsiasi  reazione, la cui reale conseguenza, sarà un forte innalzamento dei costi di gestione del fenomeno delle migrazioni, unito al possibile intervento, su più fronti, della criminalità organizzata.

Personalmente, trovo queste scelte pericolose.

Per la gestione privatistica di un problema che richiederebbe ben altri coinvolgimenti di responsabilità e lungimiranza nelle scelte; per l’atteggiamento coloniale assunto nei confronti di uno Stato sovrano, nostro vicino, e del quale ospitiamo moltissimi cittadini, quasi tutti impegnati nel lavoro, e moltissimi anche nella costruzione di percorsi di acquisizione della cittadinanza italiana; per l’idea che si manifesta nel concreto nei confronti di persone migranti, alcune delle quali certamente meritevoli di attenzione e magari anche di provvedimenti di rimpatrio, tutte invece accomunate da una etichetta di presunta pericolosità e illegittimità, che sconfina, quanto meno, nella xenofobia, se non nel razzismo conclamato; per l’idea stessa che il fenomeno migratorio sia essenzialmente un fenomeno di ordine pubblico, e non invece il risultato finale di potentissime forze, l’impatto delle quali è assolutamente negativo per l’intera umanità ( cambiamenti climatici, guerre, carestie, siccità, perdurare di dinamiche colonialiste e di sfruttamento dei paesi più poveri etc. ), e richiederebbe interventi e coinvolgimenti europei e globali in realtà.

Mi dà tristezza, pensare che prendendo un po’ di persone, e mettendole lontano da noi dietro a delle sbarre, qualcuno immagini d’aver trovato la soluzione al “problema dei migranti”. Lungo questa china si arriva molto lontano, sulla strada dell’abiezione.

I problemi esistono. Sono tanti, e di difficile soluzione.

Ma non si può pensare di risolvere il problema della mafia, impedendo ai siciliani di sbarcare in Calabria, e, se lo fanno, mettendoli dentro una galera in attesa di rimpatriarli.

Penso che qualcuno lo considererebbe quanto meno offensivo, nei confronti dei siciliani, e di tutti gli italiani, in realtà, un simile modo di pensare.

Ma il governo, ha scelto questa strada.

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