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Silvio Berlusconi ha quasi vinto.

Apr 13, 2023 | Istantanee

Qualche giorno prima delle elezioni politiche italiane di marzo del 1994, si tenne un confronto televisivo tra Silvio Berlusconi, il principale esponente della coalizione di Destra, e Achille Occhetto, il principale esponente della coalizione di Centro-Sinistra.

Quando accesi il televisore, e vidi Occhetto vestito con un completo color marrone, spensi lo schermo, ed andai via.

Ad ottobre del 1992, venne arrestata quasi l’intera Giunta regionale abruzzese. Si aprì un dibattito, subito dopo quell’episodio: se si dovesse andare subito al voto per il rinnovo di quella Assemblea, o se, invece, fosse possibile, ricostituire una maggioranza e formare un nuovo governo regionale: allora, il sistema elettorale, lo avrebbe permesso, e fu questa la scelta poi effettivamente compiuta.

Per sollecitare un immediato ritorno alle urne, il Partito della Rifondazione Comunista, organizzò una iniziativa presso la sala Michetti all’Emiciclo del Palazzo della Regione ad Aquila.

Pur non essendo mai stato tesserato a questo partito, io decisi di andare ad ascoltarne le ragioni.

Un tempo, la sala Michetti, dove si teneva la manifestazione, era un auditorium molto ampio, dominato da una lunghissima cattedra, dietro la quale potevano sedere numerosi oratori. Su quella cattedra, rivolto al pubblico convenuto a quell’iniziativa, era stato esposto un grande striscione bianco, sul quale, con una vernice spray nera, era scritto: “ Di Pietro, aiutaci tu”.

All’epoca, Antonio Di Pietro era un magistrato di punta, del cosiddetto pool “Mani Pulite” della magistratura milanese.

Letto quello striscione, che posto lì, evidentemente, era un messaggio che quel Partito voleva rivolgere a tutti, io decisi di andar via e lasciare la sala.

Ho sempre pensato che non sarebbe stata la Magistratura a produrre un cambiamento politico nel nostro Paese, e mai, ho gioito per arresti o indagini, che, invece, mi indignavano e mi facevano vergognare di una classe politica che pure mai, avevo votato.

Nè penso che il colore di un abito abbia fatto perdere un confronto televisivo ad Achille Occhetto, e poi, successivamente, quelle elezioni.

Ma ci sono segnali, che non sono quasi mai percepiti, quando si manifestano.

Ed io stesso, all’epoca, pur se ne avvertii con nettezza lo stridore, rispetto a quel che, a mio giudizio, avrebbe dovuto essere, non ero certo arrivato a comprendere la profondità, ed il peso dei cambiamenti avvenuti, e che stavano per avvenire. Forse, neppure oggi, fino in fondo.

Arriverà, il giorno della morte di Silvio Berlusconi. Forse prima di quando arriverà il mio.

Ma, di certo, lui ha quasi vinto in quasi tutte le cose in cui si è cimentato.

In questo momento, non mi interessa analizzare se questa persona debba la sua fortuna iniziale a rapporti opachi, o organici, con la Mafia. Non mi interessa sapere se abbia avuto parte, o meno, nelle strategie stragiste; dalla P2, agli assassinii di Falcone e Borsellino, che hanno attivamente e drammaticamente condizionato la vita politica e sociale d’Italia. Nè mi interessa qui discutere a quanti processi sia stato sottoposto; quante volte assolto, e quante abbia evitato il giudizio perché il Parlamento, fatto di una maggioranza che lui ha permesso fosse eletta, avesse cancellato il reato commesso, o avesse modificato i termini di prescrizione, consentendo così l’annullamento dei procedimenti penali a suo carico in corso; e nemmeno mi interessa perché e quante volte sia stato condannato. E neppure mi importa delle sue cene, e di quanto fossero, o meno, eleganti.

Su queste materie, forse, si potranno esercitare un giorno gli storici. A me, ora, interessano altri aspetti della sua parabola imprenditoriale e politica. E per questo, voglio far finta che sia possibile, e sufficiente, discutere solo di quello che è stato pubblicamente visibile, e valutabile, del suo agire.

Voglio scrivere prima che Silvio Berlusconi concluda la sua vita, ammesso che la concluda prima di me, perché vorrei poi misurare, le reazioni politiche a questa fine, soprattutto a Sinistra dello schieramento politico, e da queste trarne qualche lezione a me spero utile, per il futuro. Per valutare se la Sinistra abbia finalmente compreso qualcosa, di questi ultimi trenta anni, o se, e quanto, sia stata e continui ad essere subordinata culturalmente a Silvio Berlusconi.

Silvio Berlusconi ha dimostrato, durante tutto l’arco della sua carriera politica e imprenditoriale, che il denaro, e le relazioni, più o meno trasparenti, con altri poteri, possono piegare la Democrazia nel nostro Paese; possono cambiarne la costituzione materiale, anche senz’essere riuscito del tutto a cambiarne la Costituzione formale che, proprio per il suo fortissimo carattere e limpido spirito, ci ha sino ad ora, almeno parzialmente protetto da torsioni autoritarie.

I suoi continui strafalcioni, istituzionali e diplomatici, non sono mai stati casuali, ma sempre intesi a creare un nuovo “senso comune”, utile a spostare, a favore del suo interesse politico ed economico, l’equilibrio sociale e quello dei poteri.

Una strategia costantemente e efficacemente perseguita che, mentre la Sinistra si attardava a commentare, più o meno scandalizzata, le sue uscite ritenute estemporanee, è stata capace invece di produrre cambiamenti reali e consenso delle persone a pratiche, ed idee, che solo dieci anni prima sarebbero apparse eversive anche alla Destra più retriva.

Ha potuto esercitare il suo ruolo di imprenditore televisivo, favorito da provvedimenti legislativi costruiti per lui su misura, mortificando e mutandolo in profondità, contro le leggi allora esistenti, il ruolo del servizio pubblico televisivo.

Per questa via, ha iniziato a cambiare la cultura del nostro Paese.

E lo ha fatto, salvo rare eccezioni, riproponendo la stessa tipologia di messaggio della RAI, ma abbassandone sistematicamente il livello di proposta. Rendendo quasi impossibile distinguere se questa scelta sia stata il frutto di una conoscenza consapevole del suo potenziale pubblico di riferimento ( il nostro è un Paese anziano e poco scolarizzato, purtroppo ), o se siano state anche le sue scelte a determinare l’esistenza di una fascia di popolazione che non chiede di migliorare, e non ha curiosità per proposte di intrattenimento anche più complesse, ma vuole solo di essere solleticata nei suoi istinti più semplici.

Lo ha fatto, soprattutto, introducendo il dominio del mercato su qualsiasi forma di trasmissione televisiva e spettacolarizzando anche l’informazione.

Qualunque programma televisivo è stato posto al servizio della pubblicità; a servizio dello scopo di aumentare i consumi. Ha utilizzato la possibilità di offrire qualcosa di alternativo ai canali RAI, spesso ingabbiati in logore formalità e servitù politiche, spacciandola per “libertà”; veicolando per questa via, una pesante stereotipizzazione del ruolo e del corpo femminile e delle gerarchie sociali, e, soprattutto, l’idea che fosse essenziale anche solo esserci, in televisione, al di là di qualsiasi contenuto, per dimostrare d’aver raggiunto successo e notorietà; uniche chiavi capaci d’aprire ogni porta, in un mondo liberato dalla contrapposizione tra i blocchi Est-Ovest.

La pervasiva offerta pubblicitaria, rastrellata sottocosto da un esercito di venditori a provvigione che sarebbero divenuti la base materiale di raccolta dei consensi per il suo Partito, trasformava tutto in un unico ammiccante cartellone pubblicitario acceso ventiquattro ore al giorno; e mentre nelle aule del Parlamento, si discettava di “Par Condicio”, per bilanciare le presenze politiche in TV tra le varie forze, la società italiana, del tutto indifferente a queste discussioni ampiamente superate dalla realtà, si scopriva enormemente ricettiva all’idea che qualsiasi cosa potesse essere uno spettacolo; vendibile e visibile, apparentemente in modo gratuito, dal proprio divano di casa; anche se questo avesse comportato una progressiva incapacità della persona, a fissare l’attenzione per un tempo superiore ai 12 minuti canonici, dopo i quali andava in onda, torrenziale, la pubblicità.

La Sinistra, invece di avere una proposta culturale, e di intrattenimento, diversa, e magari migliore, ha semplicemente cercato uno strapuntino dal quale comparire sugli schermi televisivi; anche sui canali posseduti da Silvio Berlusconi, che ha potuto così fregiarsi, mentre sottoponeva gli esponenti della Sinistra alle sue regole, di un atteggiamento aperto e pluralista, poiché egli dava persino voce ai suoi avversari.

La concentrazione, nelle mani di Silvio Berlusconi, della proprietà di altri mezzi di informazione: case editrici; quotidiani cartacei, settimanali, radio, distribuzione cinematografica… consentiva, e consente, di creare un costante effetto di risonanza per ogni scelta compiuta: diffondendola permanentemente da ogni canale, e costruendo così un consenso di massa, pre-politico, del tutto ignorato dal sistema politico, ma capace di aggirare prima e abbattere poi, ogni considerazione riguardo la sua posizione di assoluta preminenza nel sistema dei mass-media, e la totale indifferenza ad ogni conflitto d’interessi possibile.

Questo produce anche un fondamentale deragliamento della capacità stessa di interpretare il reale, nel momento in cui, un soggetto come Silvio Berlusconi, si autodefinisce liberale, mentre ignora e perverte, nella pratica, ogni principio del liberalesimo classico, accentrando su di sé poteri monopolistici e senza alcun sostanziale controllo o contrappeso.

Silvio Berlusconi costruisce così, nel tempo, una realtà alternativa.

Una narrazione che si sovrappone allo stato delle cose per come effettivamente esse sono e pone le premesse per lo straniamento che oggi proviamo tutti i giorni, accentuato dalla frequentazione dei social network, e che ha reso chiaro il vero terreno di battaglia e la vera posta in gioco degli ultimi trenta anni: le nostre coscienze cioè e le nostre capacità di guardare ed interpretare la realtà: messe sotto continuo attacco da un flusso ininterrotto di notizie false o distorte; di omissioni e di propaganda, che costituisce il brodo di coltura per la nascita, la crescita e lo sviluppo, pericoloso, di intere fasce di società attratte dalla irrazionalità; da misticismi di vario genere, da teorie che pretendono di spiegare fenomeni complessi, solo cercando capri espiatori e spiegazioni prive di qualsiasi riscontro, ma capacissime di produrre conseguenze e conflitti reali, potenzialmente eversivi, quando si saldino con interessi ed ideologie già strutturati. A partire da fascismo e antisemitismo mai sopiti, in Italia, ma anche nel resto del mondo.

E’ per questa via che la contrapposizione valoriale e materiale Destra/Sinistra lascia il passo a conflitti effimeri, superficiali, per lo più riguardanti la interpretazione storica del passato e che servono solo a celare il grande trionfo del Mercato e del suo interprete più spregiudicato e consequenziale: l’unico che ha avuto il coraggio di provare a rendere formale ed indiscutibile la sua diseguaglianza, rispetto a tutti gli altri cittadini, di fronte alla Legge.

Solo il sovrano, è “ legibus solutus”: sciolto dall’osservanza delle Leggi.

Seguendo il suo esempio, miriadi di furbetti e furboni dell’evasione fiscale, e dell’abuso edilizio, hanno goduto e godono di un sostanziale scioglimento dal vincolo di partecipazione ad uno Stato civile: essi non pagano le tasse, perché c’è qualcun altro che le paga per loro, ma godono degli stessi diritti di quelli le cui tasse sono, d’ufficio, trattenute sugli stipendi, o sulle pensioni.

Il sovrano non può accettare d’essere giudicato che da suoi pari, ed ecco che, in trenta anni, il Diritto Penale, in particolare, ma non solo, nel nostro Paese, si è trasformato nel diritto ad avere gli avvocati più bravi e capaci di difendersi dal processo, e non nel processo. Le nostre carceri sono piene di delinquenti poveri e le nostre spiagge sono piene delle barche di criminali impuniti e impunibili, perché ricchi.

La politica si è trasformata in un mercato, ove è possibile comprare il consenso di singoli parlamentari per far cadere un Governo; ove è possibile costruire sistemi elettorali che servono solo a consegnare la scelta su chi possa divenire parlamentare, non al corpo elettorale, ma ad un ristrettissimo numero di persone che seleziona i candidati sulla base di interessi economici e di potere, che nulla hanno a che vedere col merito e la rappresentatività, e talora neanche con le capacità individuali. E in un mercato, chi ha più disponibilità finanziarie, può comprarsi il consenso di un intero Parlamento cui far votare la necessità di sorvegliare meglio e giustificare le intemperanze minorili di una stretta parente di un dittatore mediorientale.

In questo mercato politico egli impone alla forma-partito il suo nome, aprendo così una stagione, inconclusa, in cui è un unico soggetto personalizzato ad identificare una intera opzione politica, stabilendo, anche per questa via, la propria egemonia culturale, persino su Beppe Grillo, che si pone, contraddittoriamente e paradossalmente, come elemento anti-sistema, anch’esso però personalizzato, e con regole opache nella gestione della democrazia interna al proprio movimento politico.

Il sovrano, con la forza del suo denaro, fin dal 1994, può riuscire a tenere insieme un certo egoismo razzista norditaliano, con una mai sopita predilezione assistenzialista a fondo perduto che attraversa l’Italia dalle Alpi fino a Capo Passero, quasi senza che questo provochi alcuna domanda seria nella società italiana, sulle contraddizioni politiche di questo equilibrismo, che finiscono poi nello scaricarsi, indecentemente, sul perenne aumento del nostro Debito Pubblico, che, imperterriti, consegniamo alle generazioni successive, impoverendole prima ancora che nascano, anche attraverso fantasiose forme di camuffamento inventate da un signor ragioniere fiscalista, messo per anni a fare il Ministro dell’Economia, con l’unico obiettivo di dismettere il patrimonio, magari anche quello storico-artistico, dello Stato per finanziare Opere Pubbliche mai realizzate, ma per le quali continuiamo a buttare via tonnellate di denaro in favore di alcune scelte imprese edili. Un signore, quest’ultimo, per il quale “la Cultura non si mangia”.

Silvio Berlusconi, vive in un eterno presente, reso possibile dalla chirurgia plastica e dalle protesi e dai continui ricorsi alle cliniche svizzere, che ipnotizza le coscienze, divenute incapaci di confrontarsi col passato, e di immaginare il futuro, consegnando le stagioni dell’uomo, e della donna, a soli vecchi arnesi che non abbiano la fantasia e la giovinezza mentale di accorgersi che persino il tempo deve piegarsi alle possibilità finanziarie.

E mentre la Sinistra discute della sua bandana indossata per mimetizzare la calvizie, non capisce che è il corpo stesso del sovrano, ad essere miracoloso e capace di produrre miracoli. Italiani. In un pauroso regresso psicologico che ci riporta a prima del Secolo dei Lumi. Anzi, meglio, direttamente alla Vandea, alla rivolta cioè di un mondo che non comprende più una possibile idea di progresso e di crescita, ma che vuole solo essere sfamato nei suoi indotti bisogni più beceri e rassicurato che ogni contraddizione della modernità e della globalizzazione sarà risolta col solo intervento provvidenziale del sovrano, che elargirà dentiere, posti di lavoro, pensioni e gambe sculettanti.

La Democrazia italiana degli ultimi trenta anni, e la qualità delle sue classi dirigenti, escono devastate da Silvio Berlusconi. Il discorso pubblico si articola su uno slittamento di senso profondo delle parole e delle priorità che certificano una egemonia culturale, stabile e mai messa realmente in discussione; una capacità di dettare l’ordine del giorno nell’agenda politica del Paese, che solo in rarissimi momenti è stata posta in discussione.

Silvio Berlusconi, in realtà, ha interpretato con grande capacità lo spirito dei tempi, ed è stato capace di penetrare nell’edificio della nostra Costituzione della Repubblica, per l’unico pertugio lasciato aperto dai Costituenti: quello della tecnologia e dei suoi progressi, nei confronti dei quali non sono state approntate sufficienti difese e capacità di regolazione in funzione del bene pubblico, e non dei poteri privati.

La Sinistra, e il Centro Sinistra, quando sono stati al Governo, in questi ultimi trenta anni, tuttavia, non solo non hanno posto mano al rafforzamento della Costituzione, alla luce dei colpi che le sono stati inferti, formalmente, e nella materiale prassi politica, ma anzi ne hanno peggiorato la tenuta, attraverso le assurdità del cosiddetto “federalismo” e la follia politica del “pareggio di Bilancio”, che presuppone una sola direzione nelle scelte di politica economica: quelle in favore del mercato, degli interessi privati e dello smantellamento di ogni tutela sociale e del lavoro; oltre che, naturalmente, e colpevolmente, nella acquiescenza a sistemi elettorali, costruiti per mettere in discussione l’equilibrio tra poteri sancito proprio nella Costituzione.

La Sinistra ed il Centro Sinistra, quando sono stati al Governo, in questi ultimi trenta anni, non sono mai intervenuti per porre rimedio alle sciagurate legislazioni sul Diritto e la Procedura Penale; sul sistema dei Mass Media; sul Conflitto di Interessi; sulle politiche dell’Immigrazione e dell’Accoglienza.

La Sinistra ed il Centro Sinistra, quando sono stati al Governo in questi ultimi trenta anni, non hanno mai proposto una reale alternativa alle politiche di Silvio Berlusconi, nel campo delle Politiche Industriali e di sostegno all’Occupazione, all’Innovazione e alla Ricerca; nel campo della Scuola e dell’Università; nel campo della legislazione a tutela del lavoro dipendente ( anzi, proprio il Centro Sinistra ha abbattuto l’estrema difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori); nel campo dello Stato Sociale; nel campo della tutela dell’ambiente e delle politiche di contrasto al cambiamento climatico.

Quando sarà terminata la vita di Silvio Berlusconi, forse prima del termine della mia, leggeremo immeritati elogi e celebrazioni.

La pietà umana prevale, dovrebbe sempre prevalere, sul piano del rispetto per una vita che si conclude.

Ma il giudizio storico e politico dovrebbe essere altro.

Silvio Berlusconi ha segnato di sé gli ultimi trenta anni della vita politica e sociale d’Italia, e anche della nostra città, Aquila, che egli ha usato.

Le sue scelte di intervento sul disastro abbattutosi su di noi, sono state dettate, per un verso, dalla paura di ritrovarsi lui, ad essere sottoposto ad una violentissima campagna di informazione – come lo furono Romano Prodi e il governo regionale di Centro Sinistra umbro, per la gestione del sisma di Assisi, le cui cittadinanze colpite, sono state per anni, costantemente, ritratte dentro container indecorosi, – dalle sue televisioni cui era affidato il compito di veicolare il messaggio della incapacità del Centro Sinistra ad affrontare le emergenze; per un altro verso, dallo scopo di trasformare la Protezione Civile in una SPA cui sarebbe stato affidato il compito di gestire, in emergenza, e quindi con un sistema di controlli fortemente depotenziato, non solo le opere pubbliche ritenute strategiche per il Paese, ma persino i grandi eventi, abbattendo così il controllo democratico, anche del comportamento delle Forze dell’Ordine.

E pur se hanno prodotto il fondamentale risultato di dare ricovero dignitoso, in tempi brevi a decine di migliaia di aquilani, hanno posto una ipoteca, il cui peso ancora non ben valutiamo, sul futuro stesso della nostra città, della sua sostenibilità economico-finanziaria, ma anche sociale ed urbanistica.

Se si dovesse scrivere, in estrema sintesi, una epigrafe descrittiva del suo percorso, direi che:

“ Silvio Berlusconi è riuscito, quasi pienamente, nel suo intento di rendere l’Italia un Paese meno giusto, libero ed eguale, nel quale la Democrazia è sempre più posta al servizio di potentati economici e sensibile al ricatto di poteri oscuri, anche grazie all’inefficacia, quando non insipienza, o addirittura complicità, di coloro che avrebbero dovuto opporsi. Fu fermato solo dalla lungimiranza di chi scrisse la Costituzione della Repubblica Italiana “.

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