logo-studio-medico-multispecialistico-lasermillennium-dr-franco-muzi
logo-studio-medico-multispecialistico-lasermillennium-dr-franco-muzi

Recensioni

Home / Rubriche / Recensioni

Diabolik

Nov 23, 2022 | Recensioni

Quanto è bell… no… quanto è brava Miriam Leone…

Io non li compravo, e non li compro, i giornaletti di Diabolik. E, guardando “ Ginko all’attacco”, ho anche capito perché.

Perchè nessuno dei personaggi del fumetto ha un briciolo d’ironia.

Eppure le storie delle sorelle Giussani, inchiostrate e disegnate oggi da altre due donne: Giulia Massaglia e Stefania Caretta, hanno in sé un grande potenziale, anche ironico. E, invece, sono fatte di personaggi monolitici.

Un ladro assassino senza alcun sentimento, se non l’amore per la sua donna.

Una ladra assassina senza alcun sentimento, se non l’amore per il suo uomo.

Un commissario talmente tutto d’un pezzo, che mette persino l’amore per la sua donna ( quant’è bell… no… quanto è brava Monica Bellucci… ), dopo il suo dovere, che è quello di acchiappare una coppia di ladri assassini senza scrupoli. Lui, soprattutto.

E tutti che hanno in testa solo i loro piani; solo la loro lotta reciproca.

E ci vuole una intera storia che rischia di capovolgere tutto, per potersi permettere una vacanza.

Il secondo capitolo della trilogia di Diabolik, dei Manetti Bros. inizia citando l’incipit di uno qualsiasi dei 25 film di James Bond. Una scena d’azione, che si conclude con la fuga vincente dell’eroe, e, in sottofondo la musica che caratterizza il film, il suo tema portante; manca solo il protagonista ripreso dal punto di vista della canna rigata di una pistola.

Ma l’agente segreto britannico al servizio di sua Maestà la Regina ( il prossimo, dovrà essere al servizio del re… ), almeno in un paio delle sue incarnazioni, era dotato di scintillante ironia, oltre che di una quantità fuorilegge di testosterone ( ma quanto era bell… no… quanto è bravo Luca Marinelli… ), mentre invece in questo Diabolik, nemmeno l’ispettore Ginko ( ma quanto è bell… no… quanto è bravo Valerio Mastrandrea… ), che pure sembrerebbe perfetto anche per incarnare l’ispettore Koichi Zenigata, riesce a sorridere e a far sorridere; e si sta pure zitto, e obbedisce agli ordini, quando il potere politico lo obbliga a fare scelte di cui non è convinto, ma delle quali si assume persino la responsabilità quando falliscano, incarnando così il perfetto burocrate sognato da ogni deficiente di potere politico, e, a questo punto, è giusto che rimanga fregato dal crimine: se lo merita ampiamente.

Mentre nel primo film della trilogia, tutti gli attori erano impegnati a recitare con la stessa enfasi con cui  si sarebbe potuto recitare nel 1962, anno della prima uscita in edicola di Diabolik, riuscendo a far sembrare il film, una riedizione tirata a lucidissimo di un meraviglioso sceneggiato RAI dell’epoca, in questo secondo atto, tutti sono al servizio dell’intreccio, che è il vero protagonista della vicenda, per quanto un po’ prevedibile; esattamente come un fumetto scritto negli anni ‘60 dello scorso secolo, che, io non compravo, certo perché non era ironico, ma anche perché Eva Kant non si scopriva mai, ma proprio mai ( ma quanto è bell… no… quanto è brava Miriam Leone, che si impone anche sul suo uomo, tipico maschio dominatore alfa, senza fare proclami femministi, ma semplicemente essendo sé stessa… – e che lezione alla contessa Althea, che, invece, accetta di porsi in secondo piano rispetto ai doveri del suo Ginko – ).

Per chi si dovrebbe fare il tifo, in una storia così ?

Al cinema, si sospende l’incredulità, e si porta il cervello, che è la sede delle emozioni, non il cuore, che è solo un muscolo spesso capriccioso, direttamente dentro il gioco della storia che viene raccontata, a cercare il punto di vista dal quale guardare il mondo; soprattutto in un film “di genere”, come si dice, come se ci fossero generi che permettano di fare buon cinema, e generi che invece siano disperatamente votati all’inclassificabilità secondo certi critici con la parrucca.

E il fumetto Diabolik si presta perfettamente ad essere cinematografato perché ha due sole dimensioni; quelle di personaggi che, una volta deciso chi, o cosa, incarnino, non se ne discostano mai; non si consentono vie di fuga, o dubbi ma proseguono lungo binari che non ammettono fermate, o deviazioni. Più che un film, quello dei Manetti Bros, è un cartone animato, che, oltre a sospendere l’incredulità, consente di sospendere anche il senso morale e far finta che i morti non siano morti, ma abbiano solo indosso la maschera sbagliata.

A Metz, in Francia, c’è una strepitosa fumetteria, e, dentro la fumetteria, una splendida poltrona il cui tessuto esterno è composto interamente da disegni e strisce, a colori, di Diabolik. E se ci si sieda sopra, il punto di vista da cui si guarda il mondo, diventa immediatamente pericoloso: come due occhi dalle sopracciglia arcuate ( ma quanto è bello Giacomo Gianniotti… )

Magari i film, finora, non mi hanno convintissimo, solo per la mia invidia di Texomane che, per Aquila della Notte, ha avuto in regalo solo uno stentatissimo film con Giuliano Gemma protagonista nel preistorico 1985.

Però, Willer, è nato nel 1948, e quindi ha percorso molti più sentieri di Diabolik.

Ma quanto è bell… no… quanto è brava, Miriam Leone. Eva Kant esiste. Lei, sì.

Condividi su

Se hai trovato l’articolo interessante e vuoi discuterne con me compila il form sottostante o contattami all’indirizzo email:
messaggio@luigifiammataq.it

Consenso trattamento dati personali

5 + 5 =