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Scusi, come si esce dal tunnel ?

Dic 4, 2022 | Commenti

Che fare ?

Bella domanda, soprattutto se, a porsela, è un gruppo di persone che, da tempo, e in modi per ciascuno diversi, si sente orfano di una casa comune della Sinistra, o del Centrosinistra.

E’ la domanda che si sono poste alcune persone, ad Aquila, sabato 3 dicembre, dopo una analoga riunione tenutasi a Sulmona, e prima di una prossima riunione da tenersi nella Marsica.

Il problema vero, forse, è che una domanda del genere andrebbe posta, una volta che si sia stati in grado di rispondere, concordando, ad un’altra domanda: “ dove siamo ora ? “

Per dirla in termini certamente schematici, ora siamo dove ci ha portato oltre un quarantennio di egemonia culturale di una ideologia capace di mischiare insieme le regole del Mercato capitalistico, finanziario, che non vuole regole, con il culto dell’individualismo narcisistico e del consumo senza limiti di ogni risorsa, anche ambientale; capace di tenere insieme una innovazione tecnologica potenzialmente portatrice di libertà e partecipazione, con il disconoscimento di ogni autorevolezza del pensiero, e del pensiero scientifico in particolar modo, e favorendo una autorappresentazione delle persone che si sovrappone alla realtà e deresponsabilizza dal rapporto con essa; centrata solo su un presente egoistico ed escludente, che declina persino il riconoscimento di nuovi diritti civili, solo con l’allargamento della sfera dei poteri e delle libertà individuali, senza nessuna relazione con la responsabilità collettiva.

In un mondo dove prevale l’autoritarismo come forma politica che combatte aspramente, e con ogni mezzo, anche violento, la democrazia; dove gli integralismi religiosi, di ogni religione, costituiscono la forma maggioritaria di esperienza religiosa e producono odio, esclusione, sopraffazione di genere e violenza anche terroristica; in un mondo profondamente segnato dalle diseguaglianze e dal neocolonialismo dello sfruttamento dei migranti; in un mondo sull’orlo del baratro per gli effetti devastanti del suo modello di sviluppo, sul clima e sulle risorse primarie, a partire dall’acqua, e sempre sul punto di ripetere, moltiplicandola in modo devastante, l’esperienza della guerra atomica, che si credeva relegata alle orrende pagine di storia della conclusione della II Guerra Mondiale, e della fine della Guerra Fredda.

E, da dove siamo ora, siamo capaci di guardare avanti a noi, o pensiamo di difenderci, soltanto volgendo indietro lo sguardo, alla mitizzazione di un passato, certamente ricco di tentativi generosi d’interpretare la realtà ed agire su di essa; ma povero, poverissimo in termini di lasciti culturali fecondi e, soprattutto, di pratiche politiche capaci di darsi orizzonti nuovi ?

Perchè non si può non trarre questo bilancio, dall’esperienza della Sinistra in Italia, e anche nel mondo, dopo la stagione dell’affermazione dello Stato Sociale, negli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo, rimasta senza credibili eredi ed interpreti, capaci di farla confrontare con le innovazioni tecnologiche e con mutate condizioni sociali e di produzione.

E’ molto difficile scrollarsi di dosso un’aria da sconfitti incompresi.

E’ molto difficile accettare l’idea che se il mondo guarda altrove, il problema non è solo il mondo, ma anche chi non è stato capace di farlo guardare in un’altra direzione, innanzi tutto perché pensava d’aver comunque ragione, nelle sue analisi e nelle sue scelte.

E, quindi, delle due, l’una: o si cambia totalmente il modo in cui si guarda al mondo, e si cercano direzioni nuove verso cui provare a farlo guardare, o si cercano persone capaci di trovare nuovi sguardi sulla realtà, e nuove possibilità di cambiamento, e ci si mette al servizio di queste possibilità, smettendo di pensare d’aver sempre avuto il monopolio della Verità, soprattutto quando si è pensato che l’unico regolatore dei rapporti sociali, capace di creare benessere diffuso, fosse il Mercato, purché lasciato libero di muoversi senza il freno del potere statuale e l’ascolto, anche conflittuale, delle rappresentanze sociali.

Se io fossi un uomo di Sinistra, o di Centrosinistra, interessato a capire davvero cosa fare, e non a costruire un qualche piedistallo dal quale alzarmi a raccontare la mia personale storia immaginando che solo questa costituisca, ad un unico tempo la realtà e la verità, forse, inizierei ad ascoltare.

Con l’umiltà di chi decida di far coincidere la pratica politica, con quello che si dichiara pubblicamente, innanzitutto. E senza tristezze, ma rivendicando anche il ruolo del piacere e del divertimento; della curiosità, e dell’apertura. Praticando il sostegno reciproco, e non l’assassinio alle spalle, o la pratica della spartizione consortile, per cui ognuno è debitore all’altro del ruolo che ricopre, e non alla propria capacità di meglio interpretare e guidare la realtà.

Prenderei una città come Aquila, ad esempio, ed individuerei una trentina di luoghi fisici.

Frazioni, ospedale, call center, centri commerciali, scuole, Università, mercati, teatro, laboratori diagnostici, stadi, palestre, fabbriche e uffici e cantieri, pub e ristoranti, studi ingegneristici, etc., e costruirei una squadra di persone disponibile a visitarne uno ogni quindici giorni, diciamo per un anno, se basta. Per fare domande, ai cittadini, ed ascoltarne le risposte. Senza filtri o addomesticamenti preventivi e successivi. Senza proporre qualcosa, “prima”.

E poi aprirei un sito internet, accessibile anche dai social network, dove dar conto, di questo ascolto, e aprire altri canali di interlocuzione e di indagine.

E poi elaborerei, quello che si è ascoltato. Lo proporrei ad intellettuali che lo esaminino, e ne traggano degli spunti; delle tendenze di fondo; delle piattaforme concrete di argomenti e di lavoro, per farne la base di una discussione collettiva, poi aperta alla città, alle sue rappresentanze sociali, naturalmente senza pensare che le risposte ascoltate, costituiscano esse stesse la ricetta buona per tutto, ma, l’inizio di un percorso denso di interrogativi e di nuovi tentativi, di interpretazione e di dialogo, anche dialettico, con la realtà che, successivamente, dovrebbe essere proposto… a chi ?

Alle rappresentanze istituzionali, agli organismi dirigenti dei partiti che si pensa possano essere sensibili a questi temi, per aprire una reale interlocuzione con loro, da pari, che consenta di contaminare reciprocamente i pensieri, ed il lavoro.

Altrimenti, qualunque piattaforma di discussione, si baserebbe su un assunto non dimostrato, che riguarda la rappresentatività, di una assemblea autoconvocata, come quella di sabato scorso, ma anche di coloro i quali decidano eventualmente di rispondere alle sollecitazioni poste.

Forse si potrebbe chiedere al prossimo Congresso del Partito Democratico di dotarsi di uno spazio vivo, statutariamente disposto, e regolato, per il confronto con chi si senta vicino, ma non dentro, o non ancora dentro, alle sue elaborazioni e scelte.

Perchè poi, alla fine di tutto, rispondere alla domanda sul cosa fare, significa non essere rassegnati agli attuali equilibri di potere, ma anche alle attuali forme di rappresentanza della società, che esattamente come accade per la Democrazia sotto attacco, sono sequestrate oggi nelle mani di poche persone che, grazie anche a sistemi elettorali scellerati, decidono chi rappresenti cosa, in segrete stanze e, troppo spesso, solo sulla base di una comune appartenenza ad un conveniente sistema di gestione del potere.

Siete così sicuri, a Sinistra, e nel Centro Sinistra, che se le candidature alle ultime elezioni fossero state effettivamente libere, le persone che avete presentato, avrebbero raccolto gli stessi, pochi, voti che hanno raccolto, nel momento in cui le avete imposte ?

Siete così sicuri che le persone che avete eletto, ad esempio in Abruzzo, se messe dentro una lista di persone tra le quali gli elettori avrebbero potuto scegliere liberamente, sarebbero stati egualmente eletti ?

Io auguro loro di sì.

Ma ho dei seri dubbi. E se non si voglia alle prossime tornate elettorali, ridurre ulteriormente il perimetro della propria rappresentanza politica, qualche dubbio, sarebbe bene farselo venire, e provare ad agire diversamente.

Di mestiere, non faccio il Grillo Parlante. Ed ho grande rispetto, per chi ci mette la faccia, e l’impegno, ma tutti dovrebbero capire, che se siamo qui, oggi, è esattamente perché abbiamo percorso delle strade che ci hanno portato dove siamo.

E la prima cosa da fare, è cambiare strada.

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