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Riunione di famiglia

Dic 7, 2022 | Recensioni

Immagina una riunione di famiglia.

Marito e moglie, sono francesi, benestanti e lui è certamente un conservatore.

Hanno quattro figlie.

E ciascuna di loro, ha sposato quattro uomini… particolari.

Un cinese; un algerino; un ivoriano; un israeliano.

Sembra una barzelletta, ma non lo è: innanzitutto, perché non c’è un italiano, anche se c’è un tedesco. E’ un film, e sta al cinema. Un divertente film francese, terzo di una serie, per di più.

Le figlie hanno una idea: organizzare una grande festa in occasione del quarantesimo anniversario di matrimonio dei loro genitori, e, per questo, invitano anche i genitori dei loro mariti, e li ospiteranno nella loro casa di famiglia. Quattro coppie, provenienti appunto, dalla Cina; dall’Algeria; dalla Costa d’Avorio; da Israele.

Ammettiamo per un istante di trovarci in classe, e l’insegnante di Lettere, ci sta dettando la traccia di un tema, in linea con i nuovi programmi ministeriali, che dobbiamo svolgere: “ illustri l’alunno, cosa accade quando si procede in senso contrario alla saggezza popolare, ed in particolare al detto – moglie e buoi dei paesi tuoi – .“

Dopo le inevitabili incertezze riguardanti il modo con il quale iniziare la nostra scrittura, potremmo introdurre il tema ricordando la vertigine linguistica che ci prende leggendo Emilio Salgari, quando, per raccontare le avventure di Sandokan, sentiva la necessità di descrivere le caratteristiche fisiche, e culturali, e religiose, di decine di sconosciute etnie del Sud Est asiatico, e dell’India in particolare; ciascuna vestita e acconciata in modo diverso; ciascuna con un suo linguaggio ed una sua cucina speziatissima e suoi dei stranissimi; regalando ai suoi lettori ragazzini la curiosità di immaginare queste mille forme possibili dell’umanità.

Salgari non era uno scrittore “politicamente corretto”. Il suo mondo di fine Ottocento, era un mondo colonialista e convinto della superiorità intellettuale e morale dell’uomo bianco; consapevole del suo potere nel mondo: un potere “giusto”, che appariva “naturale”.

Ma Sandokan era un principe scuro di pelle, e combatteva l’impero inglese.

Era un eroe, che metteva in discussione le gerarchie, ed il destino di subordinazione delle popolazioni percepite come “inferiori”.

Era il “buono” delle storie.

Un sacco di soggetti politici, italiani e stranieri, non hanno mai letto, Emilio Salgari.

Probabilmente, perché non hanno mai letto niente. E, per questo, non hanno curiosità.

E pensare che Salgari non s’era mai mosso dalla sua biblioteca, e tutto il suo mondo colorato, se l’era solo immaginato, senza averlo mai visto.

Dentro un mondo francesissimo e provinciale, quattro donne s’innamorano di quattro uomini “stranieri”, e, con loro, costruiscono una “famiglia”.

Sono cose che, al tempo di Salgari, sarebbe stato pressochè impossibile veder accadere, mentre oggi potrebbero accadere sul serio, non solo dentro ad un film: per Salgari, che era un “romantico” e non un eversore,  comunque, significativamente, era Sandokan – l’uomo – a fare il primo passo innamorandosi della donna bianca, che, addirittura, lo ricambiava, rinnegando le proprie origini; ma era un merito dell’amore, perché solo l’amore vince gli ostacoli e ignora le convenzioni sociali.

Certo è sempre un bel trauma, per un padre in particolare ( della madre parleremo ), vedersi arrivare in casa il fidanzato della figlia. Diciamolo, per come è: il defloratore, della figlia. E immaginiamo questo trauma accrescersi quando ci si accorge che il tizio in questione, per quanto carino ( nel film , i quattro mariti sono dei gran bei ragazzi ), oltre che onesto e posato lavoratore, ha un colore della pelle diverso dal proprio; parla una lingua diversa dalla propria e magari ha anche una religione diversa dalla propria. E, per quanto si possa provare ad essere ben disposti, è sempre difficile, confrontarsi poi con le famiglie di origine di chi ti sta portando via la figlia da casa. Se ne vanno a guardare in faccia le radici; l’estranea terra in cui affondano e che genera persone diverse da sé e dalla propria esperienza quotidiana.

Ci si potrebbe sentire come se si fosse l’Italia: invasa periodicamente e continuamente, da barbari di varia natura, africani compresi; da arabi e turchi; da cartaginesi e da greci; da Unni e Vichinghi; da germani e francesi, da svizzeri persino, e che cerca di dimenticare d’avere una religione di derivazione ebraica. Ma nonostante l’eredità di nomi, colori dei capelli, storie, tradizioni, parole, conservare la convinzione d’essere una pura razza italica da preservare da moderni mischiamenti. Perchè prima veniamo noi.

Il buon Christian Clavier, capo famiglia invaso dagli spulzellatori stranieri, conserva la sua francesità borghese ed entra in conflitto con l’africanità, e con la cinesità, e con l’algerinità, e con l’ebraicità, delle famiglie dei suoi generi, a loro volta impegnati a fare i conti con le proprie diversità reciproche e le proprie idiosincrasie, e le proprie dinamiche uomo/donna. Con le proprie insicurezze e con le proprie piccole fissazioni.

Tipiche di ogni umano a qualsiasi latitudine.

E il film lascia liberi i conflitti di esplodere; generati dai luoghi comuni, che caratterizzano la percezione che ciascuno ha dell’altro. Facile ma superficiale patrimonio identificativo di ogni persona. E ne mostra le loro insignificanze, utili solo a far ridere. E si ride sempre di sé stessi, in fondo.

Solo le donne, a partire dalla madre delle quattro figlie, paiono sottrarsi alla logica immediata della contrapposizione, e cercano invece le ragioni del reciproco ascolto. E danno all’amore il valore vero che ha: quello d’accogliere e rispettare la libertà d’essere degli altri.

“Riunione di famiglia”, non è un manifesto politico, ma un film che diverte, cercando una sintesi di linguaggio, narrativo e di comunicazione, che non sia ingabbiata dentro il “politicamente corretto”, e che non cerchi scorciatoie facili.

I conflitti vanno sperimentati, per essere risolti. Esorcizzarli, li fa solo crescere in un autismo autoreferenziale e ignorante, come un bambino che inalbera un cartello, in cui è scritto che Gesù aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri.

E il tedesco ?

Il tedesco, come è ovvio, è l’unico davvero cattivo.

( Con un tema del genere, secondo il Ministero del Merito, il massimo del voto cui si possa aspirare, è un bel tre, meno, meno ).

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