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Oppenheimer’s deadly toy

Set 5, 2023 | 2023, Recensioni

How can I save my little boy from Oppenheimer’s deadly toy ?”

E’ un verso della canzone “Russians”, contenuta nel primo trentatre giri pubblicato da Sting nel 1985, subito dopo lo scioglimento dei Police. Una canzone dal testo forse semplicistico, ma immediatamente comprensibile: in un’epoca molto tesa nei rapporti tra mondo occidentale e paesi del Patto di Varsavia, e, all’indomani dello schieramento in Europa ( anche in Italia ), dei missili Cruise e Pershing, in grado di trasportare testate nucleari, questo brano musicale si rifugiava nell’auspicio che anche i Russi, amassero i propri figli, quale unico vero argine capace di scongiurare tensioni in grado di far precipitare il mondo nell’olocausto nucleare.

La narrazione vincente, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, secondo la quale la Pace trionfava, ed il mondo stava avviandosi ad un’epoca di prosperità e progresso, e democrazia, senza precedenti, ometteva di raccontare della presenza, comunque, in tutto il mondo, di migliaia di testate nucleari attive, capaci di distruggere il nostro pianeta più e più volte, magari anche per un banale errore umano.

Dal 1989 infatti, la preoccupazione di un conflitto nucleare nel mondo, sostanzialmente, quasi scompare dall’agenda delle relazioni internazionali, e dei movimenti pacifisti. Vi sono state, in questi anni, alcune tensioni regionali ( India-Pakistan ); alcune minacce concrete di uso delle armi nucleari ( Usa-Corea del Nord ); tensioni per il possibile allargamento del numero di Paesi che possiedano l’arma nucleare ( USA-Iran ); ma solo con l’attuale conflitto tra Russia e Ucraina, uomini di governo russi hanno esplicitamente parlato del possibile, e realistico, uso di armi nucleari, rendendo questi annunci ancor più drammatici, perché collegati ad una guerra in corso.

La canzone di Sting, arriva dopo che, nel 1983, esce nei cinema del mondo “Wargames”: un film che racconta come l’ingresso illegale, operato da un ragazzo, nei sistemi informatici che governano l’uso dell’arsenale nucleare, conduca il mondo sull’orlo di un reale conflitto nucleare, scongiurato all’ultimo istante perché il computer che deve far partire i missili nucleari, viene impegnato dallo stesso ragazzo nel gioco del “Tris”, per distoglierlo da un conto alla rovescia ormai giunto agli sgoccioli ; un gioco che, se giocato con l’assoluta infallibilità di una macchina, che può prevedere ogni possibile mossa, conduce all’unica soluzione, secondo la quale si tratta di un gioco che nessuno può vincere e, l’unico modo di vincere, in realtà, è non giocare. Ponendo, per questa via, anche un interessante quesito, riguardante il rapporto tra uomo e macchina, di fronte ad una scelta potenzialmente distruttiva per l’umanità.

E Sting esce sul mercato anche dopo il grande impatto mediatico, sempre nel 1983, del film “The day after”, realizzato per la televisione USA, ma poi distribuito l’anno dopo nei cinema d’Europa, e che racconta dell’avvio di un conflitto nucleare tra USA e URSS, e delle sue immediate e terribili conseguenze.

In un momento di grande tensione internazionale, si potrebbe dire che in varie forme e modi, a partire da grandi manifestazioni popolari per la Pace, l’umanità reagiva ad una minaccia distruttiva per il proprio futuro, le cui radici erano nell’opera di Robert Oppenheimer.

A metà degli anni ‘80, quei pochi studenti fortunati delle scuole superiori che arrivavano, al loro ultimo anno, a studiare la storia del ‘900, dai propri libri di testo, al massimo, venivano a conoscenza che uno scienziato italiano, Enrico Fermi, nel suo Istituto di via Panisperna a Roma, insieme ad altri scienziati giovanissimi, tra cui Ettore Majorana, pose le basi per la fissione nucleare, per poi fuggire negli USA, dopo essere stato insignito del Premio Nobel nel 1938, lo stesso anno in cui in Italia vennero varate dal regime dittatoriale fascista le leggi razziali che colpivano la vita degli ebrei in Italia, tra cui alcuni suoi collaboratori, e la sua stessa moglie e i suoi figli, ma di cui poco, in quei libri di testo si parlava.

E, nel film “Oppenheimer”, si fa cenno all’autolesionismo di Hitler, che, pure in vantaggio, in termini di avanzamento degli studi dei suoi scienziati sulla strada di un ordigno nucleare, con le sue persecuzioni nei confronti degli ebrei, si privò di menti eccezionali che avrebbero potuto consentirgli di raggiungere i suoi scopi.

Ed in questo, Mussolini, diede prova di lungimirante servilismo.

Nei libri si scuola, si faceva poi solo qualche cenno al ruolo di Enrico Fermi nel cosiddetto “Progetto Manhattan”, che avrebbe portato alla costruzione delle prime bombe atomiche.

Nessuno, o quasi, conosceva il nome di Robert Oppenheimer, e men che meno le sue vicissitudini durante gli anni successivi al Secondo Conflitto Mondiale.

I cinema che, in questi giorni, proiettano il film di Cristopher Nolan “Oppenheimer”, sono pieni di uomini e donne nati dopo la metà degli anni ‘80. Persone che, nella loro vita, non hanno mai vissuto, nei fatti, la paura concreta di un conflitto nucleare.

E questo film arriva in un momento storico, in cui gli ultimi superstiti dei bombardamenti di Hiroshima e di Nagasaki, e delle vicende che a quell’epilogo condussero, stanno scomparendo: la memoria viva di quelle orribili devastazioni; di quelle inumane sofferenze, tra poco non sarà più presente tra noi. La coscienza di chi ha vissuto quegli anni, non potrà più parlarci, né ammonirci. Saremo soli, di fronte alla possibilità terribile della scorciatoia nucleare, in qualsiasi conflitto.

E il film, ce lo ricorda, quando ci pone davanti ad una delle motivazioni essenziali di Oppenheimer, nell’arrivare per primi a costruire l’ordigno nucleare: la speranza, o l’illusione, che quella bomba, la paura di quella bomba e dei suoi incredibili effetti, ponesse fine ad ogni altra guerra, rendendola impensabile, impossibile; e quando ci mostra, nello stesso tempo, la sua consapevolezza, al centro dei suoi conflitti post bellici con l’apparato militar industriale statunitense e con quella parte politica che concepiva l’armamento nucleare come unica, essenziale strategia di potere per imporsi sul blocco sovietico, e quindi sull’intero pianeta come potenza egemone, che ogni avanzamento tecnologico, ogni bomba più potente ( a partire dalla “Bomba H” ), sarebbe stata una incredibile tentazione, che avrebbe certamente prodotto la scelta di usarla, ancora una volta, e con effetti incredibilmente più distruttivi.

L’invito, di Oppenheimer, a condividere con i Sovietici, i segreti della bomba, e a negoziare con loro un interdizione all’uso di quelle armi, per una parte del potere politico americano, una parte largamente maggioritaria al di là delle divisioni tra partiti, era solo la prova che le giovanili simpatie di Oppenheimer per il Comunismo ( ma in realtà per chi si batteva per la Libertà, in tempi in cui le dittature fasciste sembravano prevalere in Europa, e magari, domani, nel mondo ), continuavano a tessere una trama vicina al tradimento.

Il film di Nolan, che racconta una parte della vita di Oppenheimer, forse, non è tanto un film sulla bomba atomica, o sui conflitti interiori di un uomo che ha aperto le porte alla possibile distruzione dell’intera umanità. Ma è un film sulle dinamiche del potere.

Nel momento storico in cui Hitler prende il potere in Germania, ed in cui Mussolini era già al potere da dieci anni in Italia, ed in cui Francisco Franco, attacca coi suoi fascisti spagnoli, la Repubblica di Spagna, gli scienziati, i fisici, europei ed americani, costituiscono una comunità scientifica che si conosce personalmente nei convegni e nelle Università; che scrive sulle stesse riviste scientifiche, e che si scambia lettere e studi: che collabora attivamente per svelare i segreti della materia, dopo le straordinarie intuizioni di Albert Einstein.

E’ una comunità scientifica che, però, è attraversata anche dalle tensioni ideali e ideologiche dell’epoca; che è costituita da persone di diverse nazionalità. E saranno proprio i richiami alla nazionalità, e al nazionalismo di ciascuno a rompere quella comunità e a trasformarla in uno strumento della politica, che le assegna il compito di tradurre dalla scienza in tecnologia bellica i loro studi e le loro speculazioni teoriche.

Il conflitto, tra una giusta motivazione – combattere il nazi-fascismo prima e l’imperialismo giapponese poi – e la consapevolezza del prezzo in vite umane, e, ancor più, di aver aperto una strada che può condurre all’annientamento dell’intero pianeta, è risolto dalla politica.

E’ la politica degli USA che, come racconta il film, decide di sganciare le bombe nucleari sul Giappone, non come ultimo atto della Seconda Guerra Mondiale, ma come primo atto della Terza Guerra Mondiale; quella che vede contrapposti gli USA, e i loro alleati, e l’URSS, coi sui alleati.

Una Terza Guerra Mondiale che, per i modi con cui si è conclusa, a favore degli USA, ha contemporaneamente aperto un’era di grande incertezza mondiale, e di egoismi, capace di condurci ad un nuovo conflitto mondiale, e, forse nucleare. Forse l’ultimo conflitto, per la storia dell’uomo.

E’ questa consapevolezza che affolla i cinema oggi ?

Gli Stati Uniti d’America, del secondo dopoguerra sono stati teatro di un conflitto molto sporco, in cui si sono affrontati coloro i quali avevano più a cuore gli ideali di Libertà, con coloro i quali avevano più a cuore il ruolo di potere e di egemonia degli USA sul mondo, e del loro capitalismo, all’interno, e sui mercati mondiali.

Le forme di questo conflitto sono state, contemporaneamente, ideali e pubbliche, e segrete e spietate.

Ed è bene scriverlo, che il conflitto lo ha vinto, ampiamente, la parte più retriva e conservatrice e reazionaria del Paese. Perchè, e il film lo racconta con oggettivo distacco e precisa disamina delle dinamiche, è stata la parte che più ha avuto acuta consapevolezza della posta in gioco e più chiaramente ne ha perseguito la conquista con ogni mezzo necessario. A prezzo della distruzione della società americana, oggi, e del pianeta, da tempo, per effetto delle scelte effettuate in nome del profitto, contro l’ambiente e la vita.

Il film di Cristopher Nolan, con un montaggio serrato, e senza respiro, conduce, avanti ed indietro nel tempo, l’indagine nei confronti di un preciso momento storico, e delle anime che quel tempo storico hanno vissuto. Scava nella contrapposizione tra ciò che è giusto, e ciò che è necessario, storicamente necessario. E ne mostra l’ambiguità; le fragilità e gli egoismi, insieme al prezzo che l’integrità personale paga, di fronte alle durissime temperie storiche.

Il potere americano,  ha usato la paura del comunismo, per imporre, dentro il proprio Paese, e fuori nel mondo, un modello economico basato sul profitto e sulla ricchezza di pochi; senza alcun compromesso con le persone che lavorano, e non ha avuto scrupoli, né fatto prigionieri.

E il film già preconizza la fine che farà John Kennedy. Sempre per le stesse ragioni di potere.

E’ una progressiva discesa negli inferi, che non sono rappresentati dalla terribile esplosione nucleare, che il regista sceglie di mostrare, al culmine dell’attesa, dapprima col silenzio della luce, e poi, col rumore, staccato dal sole orrendo che l’uomo ha creato, perché diverse, sono la velocità della luce e quella del suono, e la consapevolezza di quanto avviene, è sempre in un tempo leggermente successivo, come un dolore, che s’imprima bene, dentro la carne e dentro l’anima.

Ma è il finale del film, che si raggruma l’inferno soffice del potere, che prima usa le persone, le spreme, e se hanno dubbi le butta via, e poi, fa finta di consolarle, attribuendo loro onori fittizi, che certificano solo la fine di una vita, mentre il suo senso, si è perduto negli atti compiuti; nella volontà espressa di vincere una sfida, per la sfida in sé e per quello che rappresentava, mentre tutto intorno, volavano avvoltoi di ogni genere pronti a prendersi un pezzo del lavoro che si stava svolgendo, e ad usarlo per i propri fini. Di potere, certo.

Oppenheimer, un uomo capace di trasformare le teorie scientifiche in concreta energia e forza, ma incapace di comprendere che stava aprendo il vaso di Pandora. O forse, consapevole, della sua funzione storica, e deciso comunque a percorrerla fino in fondo, nell’illusione, nella presunzione, di poter controllare il sacco dei venti che il dio Eolo aveva regalato ad Ulisse.

Credo che questo sia un film davvero significativo.

Forse, difficilmente diverrà uno di quei film che si abbia voglia di rivedere continuamente, se non altro per il livello di angoscia capace di evocare, ben oltre ogni stupido film horror, ma resterà, nella storia dell’arte cinematografica, per la sua potentissima compattezza; per la sua capacità di non lasciar scorrere nessuno dei fili che, volta per volta dipana; per la sua forza nel riuscire ad evocare una concreta vicenda storica, i cui esiti noi oggi abbiamo dinanzi, e che condizionano il nostro umano futuro.

Il potere del capitalismo militar industriale e finanziario americano, per un breve periodo storico, ha concesso alcune libertà individuali; a partire dalle libertà legate alla sfera sessuale della persona: quelle libertà oggi, sono usate come spauracchio, esattamente dalle stesse forze del capitale militare industriale e finanziario, in ogni parte del mondo, per riprendere un dominio antico sulle persone, che non devono essere libere, o eguali, per poter servire bene al profitto, ma devono restare asservite.

I dilettanti rincorrono il sole e poi si bruciano… il potere resta nell’ombra. “

Oggi, il potere ha scelto di non restare più, nell’ombra.

La fine dell’Unione Sovietica, pur con la fine di un mondo di oppressione e di violenza e di morte, segna la fine della necessità, per il capitale militare industriale e finanziario, di ogni compromesso sociale. Oggi il dominio può tornare all’epoca feudale, ed è quello che sta accadendo.

Minoranze ricchissime governano oltre qualsiasi possibile sottomissione alla Legge e all’eguaglianza tra esseri umani, e sta avvenendo anche in quella parte di mondo che pure ha ereditato l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese. E sta avvenendo sulle spalle del pianeta e contro la conservazione della sua vita.

Oppenheimer ha aperto questa strada, forse oltre le sue volontà e consapevolezze.

Un qualsiasi dittatore, oggi, può premere un bottone, e liberare i venti che Eolo diede ad Ulisse per tornare a casa. I venti liberi, generarono tempesta, e morte.

Magari questo film, dirà a tutti, che è ora di togliere questo potere dalle mani di singole irresponsabili persone.

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