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Quasi Cento Ancora

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Storia del giardiniere con gli occhiali, sotto la doccia

Ott 10, 2023 | Quasi cento ancora

Ho letto, da qualche parte, che le idee migliori, vengono sotto la doccia…

Me la sto facendo, la doccia. Non sento rumori. Solo l’acqua che mi scorre addosso, e i miei pensieri. L’odore dello shampoo. I piedi che cercano di aggrapparsi alla ceramica, per non cadere.

Mi fanno male le braccia, e anche le gambe. Oggi era l’ultimo giorno di lavoro.

Ho messo a posto tutto quello che potevo. Le previsioni del tempo, dicono che la settimana prossima, inizierà a piovere. Forse, addirittura, farà neve, in montagna, e se fa neve, la terra s’indurisce più ancora. E non la potrò lavorare più.

Quest’estate non ha piovuto mai. Ma proprio mai. La terra è diventata sempre più una creta grigia e arida. Mai vista una cosa così. Polvere di cemento, sembrava.

Chissà come hanno fatto, e se ci sono riusciti, a tenere verdi, almeno un po’, i campi da golf, su a Santi.

Io non ci lavoro più. Ma mi dicono che ormai sono davvero pochi, quelli che vanno a giocare. Non sanno nemmeno se possono tenere più aperto qualcosa.

Ma magari, sono solo voci. Che ne so io ?

Comunque, non lo so, e non lo voglio sapere. Ho smesso di lavorare lì.

S’erano inventati contratti strani. Prendevo pochissimo, e manco la disoccupazione mi toccava, quasi, a fine stagione. Non ci vivevo più. Io ero proprio l’ultima ruota del carro.

Quasi non ci riesco, a piegarmi, per lavarmi, ora. Mi fa davvero male la schiena, a destra soprattutto; mi sembra, a destra, d’avere i muscoli più spessi e più indolenziti, e quando mi rialzo, mi sembra che le ossa, una per una, debbano cercare il loro posto.

Nonno buonanima, me lo diceva, che la terra è bassa.

Ma io no saccio fa’ altro.

E adesso, se mi piego un po’ all’indietro, la schiena, sento un rumore di sangue che mi scorre dentro le orecchie, e un mancamento, quasi, come se tutto si sospendesse e io non sapessi più dove sono, che mi sembra quasi, che potrei andarmene via in qualsiasi istante e smettere di ragionare, prima ancora di smettere di respirare, e non saprei più ritrovare una terra su cui poggiare i piedi, e la sensazione che se m’abbandonassi, per un istante di più, non sarei più in grado di ritrovarmi…

E sto in questa stanza d’albergo. Penso che sia uno di quegli alberghi a ore. Che ci vieni con qualcuna. Magari qualcuna che ami. E mi sembra d’essere in qualsiasi luogo, di questa stanza, come se ci stessi galleggiando dentro, e forse sono fatto dei sogni che sto facendo… e per riprendermi, devo trattenere il respiro, magari pensare ad una canzone, che mi tenga legato a qualcosa, mentre precipito, mentre voglio smettere, di precipitare.

Ho smesso di lavorare a Preturo. Ho smesso, di dire di sì a tutti e a tutto.

Oddio.

Non è che sia cambiato tanto, oggi.

So’ tre anni, che lavoro pe’ ‘na ditta che fa, quando che le fa, le manutenzioni, e il giardinaggio ai Progetti C.A.S.E.

Loro, lo stipendio, lo pagano secondo il Contratto Nazionale, però, i primi due anni, i contributi l’hanno pagati talmente in ritardo, che la disoccupazione agricola, invece che a giugno, me l’hanno pagata a dicembre. E lo so solo io, come so’ tenuto fa’.

Anzi, la verità, non lo so. Come so’ fatto, perché non ce so’ rescito…

Mia moglie se n’è andata, e s’è portata via Piero, figlio mio.

Ma è questa, la vita ? Ma, è vita questa ?

Ai Progetti C.A.S.E. è tutto sporco, tutto repezzato; tutto lasciato selvaggio. Io ci posso mette mano, giusto ogni tanto. Qualche potatura, così gli alberi magari non cascano. Questi ce mandano a lavora’ a Roma, perché tanto qui ad Aquila, non se sa mai, se il Comune paga qualcosa, oppure no. Io poi la faccio, la domanda di disoccupazione, e aspetto. Aspetto e spero.

E a casa mia non ci posso andare più. Anzi, non ce sta proprio più, ‘na casa.

Lei se ne è andata, e Piero lo posso vede’ il sabato e la domenica due volte al mese. Almeno prima ero d’aiuto, a casa. Portavo uno stipendio pieno. Adesso, qualsiasi cosa prendo, se la portano via gli aumenti.

E il gas, e la luce, e la benzina, e la pasta e la carne, e l’affitto…

Mi piaceva lavorare la terra. Mo’, non mi piace più niente.

Mi pare d’essermi perduto qualcosa di prezioso. La pelle mia che scivola via. Magari c’ho una seconda pelle. Magari m’è rimasta solo la seconda pelle.

La verità è che non c’è più niente che c’ha senso. Non c’ho più un progetto, un futuro, niente. Dove guardo guardo, è tutto chiuso. Pure le montagne, se so’ chiuse intorno a me.

C’ho provato, a esse’ meglio, a casa. Ho provato a lavorare di più, pure a nero. I sabati, e le domeniche, e le Feste,  a fa’ il giardino alle villette in giro pe’ Aquila.

C’ho provato a fa’ senti a Maria che la volevo bene, che mi preoccupavo pe’ Piero.

Niente.

Ma che ci voglio fa’, co’ mille euro scarsi al mese ? Senza anda’ né avanti, né arrete. Manco i libri alla scuola, gli compro.

E non ci sta manco nessuno con cui parlare. A lavora’, il più delle volte, lavoro da solo, e quando finisco, me posso permette solo la televisione.

La verità, è che è vero, che dentro la doccia, ti vengono le idee migliori.

Fuori, mi fa male tutto, e dentro, dentro non c’è rimasto niente. E’ solo tutto vuoto. Non c’ho manco più fame. Per abitudine, mangio. Per riempirmi la panza. Ma le cose non c’hanno più manco gusto. Niente.

Sento qualcuno che bussa, da fuori. Chissà chi è, e perché bussa. Se bussa davvero, o se è solo il mio cuore vuoto che batte.

Me sento strano, stranito, è come se mi stessi guardando da fuori. Sono uscito da me, e guardo quello che faccio. Non mi sento più neanche respirare, e non mi accorgo che sto camminando, e non sento più il rumore, e non lo so più se davvero, qualcuno sta bussando, fuori dalla porta di questa camera, chiusa, chiusa a chiave.

Sono diventato bravo.

L’ho imparato proprio bene questo nodo. E’ bastato cercare su Youtube, e ti fanno vedere bene, come si fa. E guarda come sto. Sto nudo, uscito dalla doccia. E guarda la corda come sta bene; come pende dritta.

M’è venuto proprio bene, questo nodo scorsoio.

Colonna sonora : ” Second skin ” – The Chameleons

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