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“Quando l’amore non va in vacanza” – ovvero i film che non dici mai di aver visto –

Feb 22, 2024 | Storie

“L’amore non va in vacanza”, è un film del 2006.

Uno di quei film che magari non sei andato a vedere al cinema, quand’era il suo momento.

Un film incontrato in televisione e che, però, ogni volta che in televisione viene ritrasmesso, e che, per caso, incontra il telecomando, ti fermi a guardare. Ne conosci più o meno ogni sequenza, e magari cambi canale, quando sai che sta arrivando una parte che non ti piace vedere; mentre, al contrario, ti fermi sempre, quando sai che sta per accadere qualcosa che ti piace rivivere.

Non è un film che rimarrà nella storia del cinema, anche se, entra dignitosamente dentro quel filone cinematografico che, dagli anni ‘30-40 dello scorso secolo in poi, il cinema americano ha saputo creare e imporre, quasi come come uno standard, in tutto il mondo: la commedia romantica.

Potrebbe essere uno di quei film che, persino, un po’ ti vergogni, a raccontare che lo vedi e rivedi e che, magari, in qualche punto, ti fa anche commuovere.

Perchè non sta bene mostrare la propria vulnerabilità al sentimentalismo più sfacciato e ruffiano, o perché, magari, quando si parli d’amore, è bene non mostrare mai cosa possa ferirci, o attrarci.

Può essere un pudore che rivela quanto, il sentimento dell’amore sia capace di entrarci nelle vene e riempirci di tenerezza fragile e desiderio e, certo, potrebbe essere anche una specie di complesso di superiorità inferiore che voglia negare status e legittimità a certe emozioni che possono apparire troppo facili o scontate.

Con voi stessi, però, non potete mentire, perché ci sono pensieri capaci di riconoscere nitidamente, il vero, dal falso, o dalla rappresentazione, e, per quanto ci riguarda, la verità su noi stessi, noi, la conosciamo benissimo, anche quando la nascondiamo sotto possenti mura di difesa sorvegliate da cannoni e spine d’istrice.

Sono tanti, gli aspetti di questo film che sono costruiti esattamente per intrappolare chiunque lo guardi, visto che pesca un po’ dappertutto i suoi spunti, ciascuno dei quali, magari, meritevole di un film a sé, ma che qui, invece, sono tutti insieme raggruppati per catturare quante più attenzioni sia possibile. Certo, si rischia la superficialità, ma può accadere che una situazione del racconto, colga qualcosa che sfugge alle nostre armature e penetra in noi, chiedendoci di sentirci immedesimati, in quei momenti di commozione, e, da quel momento, siamo noi a vivere le trame dei personaggi, e a cercare in ogni loro parola, quel che ci parla davvero.

Allora, sembra di iniziare a guardare il film, nudi.

Ti accorgi di tutte le sue piccole incongruenze; di tutti i suoi salti logici nel racconto; dei suoi tempi che sembrano correre, e fermarsi, e tornare indietro, addirittura, incastrandosi perfettamente tra loro, pur nella loro inverosimiglianza. Ti accorgi di quanto intere possibilità di confronto e conoscenza reciproca tra i personaggi, vengano sistematicamente saltate, velocizzate, aizzate ad arrivare il prima possibile ad un punto culminante, prevedibile, eppure desiderato, atteso.

Sorvoli, su una donna che, coi tacchi, corre incurante su una strada ghiacciata; o su Cameron Diaz che, mentre fa l’amore con Jude Law, conserva indosso il proprio reggiseno; o su un tenerissimo Eli Wallach che non è più il Tuco che ami, ma un gracile passerottino che in due giorni, dall’immobilità invalida passa a camminare tranquillamente da solo su e giù per le scale.

Sorvoli su tutto, e ci ritorni anche, per riguardarlo, perché devi arrivare alle parole che Kate Winslet, rivolge ad un certo punto della storia a Jack Black : “ La maggior parte delle storie d’amore, è tra persone che s’innamorano l’una dell’altra. Ma il resto di noi ? Quali sono le nostre storie ? Quelli di noi che ci innamoriamo “da soli”. Noi siamo le vittime dell’amore unilaterale. Noi siamo i disgraziati, fra gli innamorati, i non amati, i feriti in grado di camminare, gli handiccapati senza il parcheggio riservato “ .

Ecco, in quel momento della storia, un istante prima che tutto rischi di essere travolto da circostanze che non sono nelle mani dei protagonisti, ma sulle quali essi però possono agire, tu, ti senti quelle parole che ti rimbombano dentro e ti riportano alla mente tutte le volte che ti sei innamorato da solo.

Ti ritorna in mente il senso di vuoto e di vertigine perché lei non è con te. Ti torna in mente lo scorrere indifferente di ogni istante di tempo trascorso lontano da lei. Il senso di sconfitta umiliante che il tuo cuore non riesce a reggere. Tutte le colpe che dai a te stesso per non essere adeguato, per non essere abbastanza, per non essere capace di arrivare fino a lei.

Ti ritorna in mente tutto l’alcool che saresti capace di bere per avere anche un istante solo di tregua, e tutto il dolore che ti trafigge ogni singola fibra del tuo corpo.

Ti vengono in mente i tetti dai quali non puoi volare o le nuvole che non puoi disegnare insieme a lei. Ti sembra di guardare i suoi piedi nudi che camminano nella sabbia e svaniscono, improvvisi, ai tuoi occhi, lasciando orme della sua assenza e il profumo irraggiungibile delle sue labbra.

Ti sembra di poter prendere la tua testa tra le mani e guardarla, e prenderla a calci, come un pallone, come una luna inutile. Ti senti addosso il senso di feroce deprivazione di ogni possibile gioia.

Ti senti un pizzico, un niente, che non ha nulla e nulla può essere, e aspetti solo di non essere nato mai.

E sai anche che non disturberai, la persona che ami da solo. Non ti farai vedere, non la cercherai, tra le strade della città; tra le strade della città temi solo il momento in cui la vedrai abbracciata ad un altro.

E ti viene da piangere, davanti al film.

Piangi per le tue ferite, per lei che non puoi amare, per la tua debolezza, per la tua stanchezza e per i muscoli che ti fanno male e il respiro che non riesci ad avere.

E pensi a tutte le vite che avresti voluto vivere insieme a lei e non puoi. Neanche un istante puoi.

Alla fine del film, Kate Winslet sembra finalmente aver trovato il modo d’essere innamorata in coppia, per di più con una persona, diremmo, normale, non con uno strafico come suo fratello Jude Law, che, dal canto suo, può ritrovarsi Cameron Diaz tra le braccia.

Allora pensi che anche per te, potrebbe esserci un lieto fine, un giorno, e ti raccogli dentro le coperte, mentre sei in poltrona, e ti abbracci, da solo certo, ma per poco.

Una favola a questo, serve, a credere che esista un lieto fine. Che la solitudine, finisca.

Basta non dire a nessuno che hai ri-ri-visto “L’amore non va in vacanza”, e tutti possono continuare a pensare che tu sia un lettore di Shakespeare e di Roland Barthes ; che tu sia   un esperto di commedie romantiche, sì, ma solo quelle di Billy Wilder.

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